LA
LEGGENDA DI SAN FIDENZIO
La
nostra chiesa arcipretale ha il privilegio e l’onore di accogliere
le spoglie mortali di San Fidenzio. La storia del Santo e dei suoi
resti mortali, dati i tempi remoti in cui si svolsero i fatti, è
intrecciata di ombre e luci. Alle volte sembra dissolversi nella
nebbia della leggenda, altre volte, invece, acquista nitidezza e
vigore perché sorretta da documenti e prove di eccezionale
importanza.
In
questa breve storia cercheremo di mettere in evidenza le suggestive
leggende che sono fiorite intorno a questo grande Santo e le sempre più
numerose testimonianze che ci confermano il suo vivere ed il suo
operare.
Grande
venerazione ebbero i padovani per questo Santo, terzo Vescovo di
Padova. I più lo dicono africano di nascita; quasi tutti dicono che
fu vescovo di Padova nel 168, essendo successo a S.Massimo e nel 964
avrebbe manifestato, con una serie di miracoli, il luogo già
dimenticato della sua sepoltura a Polverara.

E’
in quell’anno che due poveri contadini ricevono più volte
l’ordine, da una misteriosa voce, di recarsi a Padova e narrare al
vescovo Gauslino Transalgardo che in un bosco, vicino a Polverara, si
nascondeva un corpo santo. Gauslino, che conosce le fantasticherie del
Medioevo, esita a credere, ma poi si prostra in preghiera e in
spirito, durante la Messa, è portato a Polverara e vede che un’arca
di pietra, nascosta sotto la terra del bosco, riposa in vescovo
Fidenzio. Chiama il clero; narra dell’invito dei due contadini, che
hanno udito la voce, e della sua visione. Ordina pubbliche preghiere e
si reca a Polverara. Nel luogo preciso indicato dai contadini fa
innalzare un altare e vi celebra una Messa alla presenza di molte
persone del luogo. All’elevazione sente tremare la terra sotto i
suoi piedi e ha la netta visione della verità. Fa scavare una fossa
e, dopo poco lavoro, appare alla vista degli stupefatti astanti
un’arca di pietra sulla quale sta scritto: “Corpus Beato Fidentius
episcopo e confessore”. Aperta l’urna marmorea, ecco apparire i
resti mortali di un venerando vecchio, avvolti nei paramenti
episcopali: era dunque la Salma del vescovo Fidenizo! Al contatto
della sua tomba avvengono meravigliosi prodigi. Era il maggio 964;
Polverara è in festa.
Il
vescovo, per aumentare il decoro della sua cattedrale, con la presenza
di un santo, ordina che si trasporti la Salma nella chiesa di Santa
Giustina a Padova. L’arca viene posta in una barca e per il vicino
fiume si avvia verso la città. Giunti i conduttori del Corpo del
Santo ove ora sorge la chiesa di Roncajette, essendo notte, si
fermarono e, mentre tutti sono vinti dal sonno, la barca è lasciata
alla deriva. Il mattino seguente, svegliatisi, si trovano, senza
spiegarsi come, al porto di Este. La barca, come per un misterioso
disegno di Dio, era andata contro corrente. Allora la Salma viene
posta su di un carro trainato da buoi.
Arrivato
il carro, scortato da un angelo in figura di bifolco, quasi davanti
alla chiesa di S.Tommaso in Megliadino, i buoi si rifiutarono di
avanzare; scompare il conducente, dopo aver piantato il pungolo che
immediatamente fiorisce ed in seguito diviene un rovere tanto grande
da abbracciare con la sua chioma tutta l’ampiezza di una strada. In
quella chiesa la Salma fu deposta in una cripta dentro ad un altare.
Venne appositamente il vescovo a celebrare la messa; ordinò un
ampliamento dell’antica chiesetta fortificata e ne cambiò il nome:
da S.Tommaso apostolo a S.Fidenzio vescovo. Da quel momento S.Fidenzio
diviene centro religioso del mandamento montagnanese, ricordando tra i
suoi pellegrini anche la Regina d’Ungheria Beatrice, della casata
d’Este, vedova di Andrea II re d’Ungheria.
Questo
è, in parte, quanto viene tramandato dalla tradizione e dagli “Acta
Sanctorum”.
IL
ROVERE SANTO
Il Rovere piantato dall’angelo, a causa di un fulmine, fu abbattuto nel 1680 e dopo pochi anni fu eretta una colonna di pietra, ancora oggi presente a pochi passi dalla chiesa. In seguito dalle radici ancora vive e vegete, spuntò un germoglio che diede vita ad un nuovo meraviglioso rovere. Questa pianta, ai primi del ‘900, era così maestosa da ospitare il laboratorio di un calzolaio, ma nel 1919 venne definitivamente abbattuta da un furioso uragano.

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